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Avete
mai sorvolato in aereo di notte una grande città? Che ne so, Los Angeles,
Londra, Roma…? Ricordo che, mentre il mio aereo si avvicinava a Malpensa, in
una splendida serata dello scorso autunno, osservavo dal finestrino le miriadi
di lucine della città di Milano. E, man mano che ci si avvicinava a terra,
diventavano visibili anche le strade, illuminate da serie di lampioni, e tutti
gli articolati collegamenti urbani. Pensai subito a quante possibilità si
presentano al signor Bonaventura per raggiungere, a quell’ora e a piedi, l’indirizzo
del suo appuntamento. Certo, se il signor Bonaventura è nato e vissuto a
Milano, il compito potrà richiedere del tempo ed un paio di chili, se il luogo
è sufficientemente lontano, ma non sarà un problema trovare delle scorciatoie, anche
al buio. Diverso sarebbe se, invece, il nostro eroe fosse appena e per la prima
volta giunto a Milano e, a causa della tarda ora, non trovando né taxi, né bus,
né metropolitana aperta, si vedesse costretto a raggiungere a piedi il suo
hotel. Che strada fare? Come orientarsi? Con il Tuttocittà, d’accordo…ma come
scegliere il percorso più breve? Con tutta probabilità il nostro signor
Bonaventura sarà disposto a sacrificare alcune scorciatoie per percorrere
strade sicure e ben illuminate. Poco importa se la luce è prodotta da lampioni
o da fioche insegne di negozi ormai chiusi. La verità è che il nostro uomo
andrà rimbalzando di lampione in lampione e di insegna in insegna, evitando
percorsi bui, come se a muoverlo fosse proprio l’energia elettrica che alimenta
l’illuminazione notturna. Questo non è che uno dei tanti esempi per raccontare
anche al lettore meno colto in materia di neuroscienze come appare e si
presenta il nostro cervello: un infinito intreccio di reti che trasportano
informazioni sotto forma di impulsi elettrici che, a loro volta, alimentano le lucine delle “stazioni” che
incontrano, bypassando circuiti “bui” o danneggiati per raggiungere stazioni
successive.
Partiamo, dunque, da questo paradigma. Fino alla meta’ del secolo scorso, l’idea
più diffusa presso gli scienziati che studiavano il cervello umano era che lo
stesso fosse piuttosto rigido nella sua struttura interna. E che tale scarsa
elasticità fosse alla base dei più importanti processi degenerativi delle reti
neurali in soggetti colpiti da insulti neurologici. Come dire che, a causa di
un – ad esempio – insulto ischemico, un “quartiere” neurale, dapprima
illuminato, subisse un improvviso o graduale - ma inesorabile - black-out che, da quel momento in poi, avrebbe
compromesso in forma definitiva il funzionamento di una determinata area del
cervello stesso.
Intorno agli anni ‘60, con la formulazione della Teoria della Plasticità Neuronale, cambiano le prospettive: in particolare, cambia il modo di intendere le reti neurali, alle quali viene riconosciuta una maggiore plasticità e, di conseguenza, una attitudine a sviluppare nuove possibilità sinaptiche, anche in presenza di un insulto, attraverso la costruzione di vie alternative che permettano di bypassare i circuiti danneggiati dall’insulto stesso. Non solo. La fondate convinzioni che fino a quel momento circolavano nei circoli scientifici e che volevano il neurone, la cellula del Sistema Nervoso Centrale, condannato, al comparire, in una determinata area cerebrale, di un processo degenerativo, subiscono uno scossone: le nuove scoperte dimostrano che, in presenza di un danno neurologico, i neuroni danneggiati che non hanno del tutto perso le funzioni vitali possono recuperare parzialmente vigore per effetto delle nuove possibilità sinaptiche generate dalla plasticità delle reti neurali. Tutto ciò premesso, resta un’ultima domanda alla quale rispondere: qual è la fonte di energia che produce l’impulso elettrico che si propaga lungo le reti neurali, ovvero che cosa determina la variazione di potenziale nel neurone che, propagandosi lungo l’assone, innesca il circuito elettrico di diffusione dell’impulso? O, ancora più semplicemente, che cosa innesca il meccanismo di riparazione dei circuiti danneggiati che si diffonde sotto forma di impulso elettrico lungo le reti neurali? La risposta, come avremo modo di vedere più avanti, è da ricercarsi nello stimolo esterno e nell’esercizio che svolgono la funzione di rimaneggiamento del corredo neurale genetico e che, attraverso l’intensificazione in presenza di un insulto neurologico, agiscono come fattori di ri-tonificazione, di ri-abilitazione, di ripristino – nei limiti del possibile, ovviamente – dello status quo, esattamente come la fisioterapia per le articolazioni ed i muscoli. Facile immaginare come le nuove scoperte abbiano così aperto nuovi scenari di intervento nei confronti di tanti pazienti trattati, fino a quel momento, esclusivamente con cure farmacologiche. Nasce la Teoria della Riabilitazione. Questo lavoro, risultato di un anno di test, interventi e osservazione su di un gruppo di ospiti di una Residenza Sociale Assistenziale per persone anziane non autosufficienti di Lecce, si pone l’obiettivo di raccontare esperienze che hanno la finalità di dimostrare come l’uso di stimoli sonori - attraverso tecniche di Musicoterapia – con detta tipologia di utenza, affetta in larga parte da disturbi mentali organici degenerativi, noti con il nome di Demenze, costituisca una possibilità di riabilitazione, alla luce di precise premesse scientifiche, ed una possibilità di miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita.
Intorno agli anni ‘60, con la formulazione della Teoria della Plasticità Neuronale, cambiano le prospettive: in particolare, cambia il modo di intendere le reti neurali, alle quali viene riconosciuta una maggiore plasticità e, di conseguenza, una attitudine a sviluppare nuove possibilità sinaptiche, anche in presenza di un insulto, attraverso la costruzione di vie alternative che permettano di bypassare i circuiti danneggiati dall’insulto stesso. Non solo. La fondate convinzioni che fino a quel momento circolavano nei circoli scientifici e che volevano il neurone, la cellula del Sistema Nervoso Centrale, condannato, al comparire, in una determinata area cerebrale, di un processo degenerativo, subiscono uno scossone: le nuove scoperte dimostrano che, in presenza di un danno neurologico, i neuroni danneggiati che non hanno del tutto perso le funzioni vitali possono recuperare parzialmente vigore per effetto delle nuove possibilità sinaptiche generate dalla plasticità delle reti neurali. Tutto ciò premesso, resta un’ultima domanda alla quale rispondere: qual è la fonte di energia che produce l’impulso elettrico che si propaga lungo le reti neurali, ovvero che cosa determina la variazione di potenziale nel neurone che, propagandosi lungo l’assone, innesca il circuito elettrico di diffusione dell’impulso? O, ancora più semplicemente, che cosa innesca il meccanismo di riparazione dei circuiti danneggiati che si diffonde sotto forma di impulso elettrico lungo le reti neurali? La risposta, come avremo modo di vedere più avanti, è da ricercarsi nello stimolo esterno e nell’esercizio che svolgono la funzione di rimaneggiamento del corredo neurale genetico e che, attraverso l’intensificazione in presenza di un insulto neurologico, agiscono come fattori di ri-tonificazione, di ri-abilitazione, di ripristino – nei limiti del possibile, ovviamente – dello status quo, esattamente come la fisioterapia per le articolazioni ed i muscoli. Facile immaginare come le nuove scoperte abbiano così aperto nuovi scenari di intervento nei confronti di tanti pazienti trattati, fino a quel momento, esclusivamente con cure farmacologiche. Nasce la Teoria della Riabilitazione. Questo lavoro, risultato di un anno di test, interventi e osservazione su di un gruppo di ospiti di una Residenza Sociale Assistenziale per persone anziane non autosufficienti di Lecce, si pone l’obiettivo di raccontare esperienze che hanno la finalità di dimostrare come l’uso di stimoli sonori - attraverso tecniche di Musicoterapia – con detta tipologia di utenza, affetta in larga parte da disturbi mentali organici degenerativi, noti con il nome di Demenze, costituisca una possibilità di riabilitazione, alla luce di precise premesse scientifiche, ed una possibilità di miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita.
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